C’è un veleggiare miope quando si parla di disoccupazione e
disoccupazione giovanile. Ci sono numeri contrastanti e tra loro contraddittori
su cui pochi si basano e nessuno si sofferma.
Sono i numeri legati alla formazione dei giovani e degli
studenti italiani.
In Italia sforniamo meno laureati che nel resto d’Europa.
Però in Italia il mercato dei professionisti è saturo e mancano lavoratori meno
qualificati per mansioni manuali. Si dice che i laureati italiani facciano per
lo più lavori per i quali sono troppo qualificati (vedi laureati nei call
center o ingegneri che fanno i periti).
La mancanza invece di lavoro professionale è coperta in
larga parte da immigrati (edilizia, industria e agricoltura) perché i giovani
italiani per lo più fanno l’università o non studiano più dopo aver fatto delle
scuole che non rilasciano però diplomi professionali (licei in prevalenza).
La moria degli istituti tecnici e professionali è lampante e
palese, istituti da cui dovrebbero uscire fior fiore di tecnici e operatori
sono oggi sulla soglia della chiusura per mancanza di iscritti mentre i licei
raddoppiano il numero di iscrizioni. I giovani che escono da questi istituti
(vedi alberghiero e agrario su tutti) trovano lavoro in brevissimo tempo senza
la necessità di iscriversi a un altro corso post scolastico.
Le università invece traboccano di iscritti e i corsi più
blasonati (magari quelli senza numero chiuso a cui spesso si accede per ripiego) sfornano un numero insostenibile
(nel senso che la domanda è nettamente inferiore all’offerta) di laureati
(giurisprudenza, psicologia, lettere su tutti) che poi rimangono disoccupati o
hanno una mansione sottoqualificata.
Allora io mi domando: di fronte alla media europea di
laureati (che tipo di imprese hanno nel resto d’Europa? Più terziario o secondario o primario? E noi? Che tipo di mansioni
ricercano loro? E noi?) è giusto che in Italia dobbiamo tutti uscire laureati? Cosa
cerchiamo?
La qualifica di una persona (perché spesso ci si iscrive all’università
perché altrimenti sei un fallito e uno sfigato che non sa nulla) si misura dal pezzo di carta che ottiene
studiando? Se abbiamo bisogno di 1000 agricoltori e 10 avvocati, perché dobbiamo
sfornare 1000 avvocati e 10 agricoltori? Se abbiamo bisogno di 1000 tornitori e 10 psicologi, perché
dobbiamo sfornare 1000 psicologi e 10 tornitori?
Io penso che sia il caso di recuperare la formazione
professionale, gli istituti tecnici, qualificare gli istituti agrari e
sponsorizzare meno i licei. Ma non perché non è giusto che siamo tutti liceali
e futuri universitari, ma perché non tutti lo siamo portati, perché non ne
abbiamo bisogno, perché la vita si misura su chi sei e non su quanto hai
studiato (magari in 10 anni visto che abbiamo anche il numero più elevato di
studenti fuori corso).
Anche per recuperare il vero valore di un pezzo di carta come la laurea, oggi straccetto valido tanto quanto 20 anni fa un diploma, che tutti richiedono ma che nessuno sfrutta.
Strutturalmente è doveroso riconoscere compensi adeguati per chi mette la testa, ma mette
anche le mani e il sudore (è poco forse un compenso di 10cent per un kg di carote al contadino...quando gli va bene) e recuperare il senso di dignità per quei
lavori oggi visti con snobbismo e con superficialità pensando che: “meglio che
lo facciano gli altri, non è per me”.
Forse tra le varie riforme “strutturali” di cui questo Paese
ha bisogno c’è anche quella della formazione secondaria e post scuola dell’obbligo
per aggiustare meglio i numeri perché è frustrante essere disoccupati, è
frustrante essere sotto mansionati e sotto pagati ed è frustrante pensare che: “mi
iscrivo all’università, ma so già che dopo non troverò niente”!
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